Saverio

 

Il grandissimo Saverio Cazzoli ha fatto di tutto sulle pagine di Vola la Notizia: ha scritto articoli comici, ma anche bellissime riflessioni a bassa voce; ha disegnato e verificato sulla sua pelle quanto fosse complicato impaginare Vola la Notizia sul vecchio Word 5.1 per Mac.

 

 

 

Il grande pittore Stefano Macchiavelli si racconta in un'intervista al nostro giornale

Musica per le mie orecchie

Un'esperienza concreta di volontariato in Africa

Ma che siamo tutti matti?

Poesia quotidiana

Indiana Jones e il campo parrocchiale

 

 

Cominciamo con uno storico saggio della sua vena umoristica (ricordate gli articoli sulle vicende accadute al Micheletti, le indagini dell'Avvocato Salvo la Faccia o le bellissime interviste a personaggi famosi firmate da Luigi Oggi?), datato estate 1994:

Il grande pittore Stefano Macchiavelli si racconta in un'intervista al nostro giornale

Tutti conosciamo per la grande fama l'egregio pittore Stefano Macchiavelli, e quindi sarebbe una perdita di tempo dilungarsi in preamboli sulla vita e le ammirevoli opere del suddetto, se non fosse che è un'ora che aspetto in questo stanzino di essere ricevuto.

Ma ecco che sono ricevuto, e quindi ora posso anche sposare una fattura fiscale.

Con un po' di fatica il maestro mi fa accomodare in un raffinato salotto. Egli ha ormai un'età avanzata, e nonostante ciò la sua sensibilità creativa continua a suggerirgli nuove ispirazioni, e ogni sua nuova opera possiede forme plastiche e sconosciuti cromatismi, sempre più apprezzati dal pubblico e dalla critica.

"Cioè, snocciolo un sacco di quadri e faccio un pozzo di soldi." Commenta con meraviglioso essenzialismo. Nonostante la sua lunga carriera, tre metri e mezzo, il maestro parla con grande semplicità di sè e del suo mestiere. Egli è sempre modesto, anche quando ripercorriamo i momenti più gloriosi della sua vita. Come quando scoprì la bellissima e preziosa tela di epoca pre-umanistica, raffigurante temi bucolici e mitologici, il cosiddetto "Ciclope strabico".

Come è risalito al luogo della scoperta, come è arrivato a quei magazzini ormai dimenticati?

In taxi.

Sì, ma come ha fatto a scoprire là questo quadro?

Ho tolto il telo che c'era sopra.

Fu facile per lei riconoscere quell'opera?

Mah... vede... il "Ciclope strabico" è senz'altro un'opera pre-umanistica, per le forme, per i colori, e in un angolo della tela v'era impresso un sigillo, con scritto "G8", quindi non ci sono dubbi nemmeno sull'autore. Che bei momenti furono quelli... è passato tanto tempo... ora sono già nonno! Sa che la mia nipotina odia le mostre? E' convinta che siano delle orribili streghe fatte come orchi. Sono un po' acciaccato, cosa vuole... Sì, è vero, sono un po' zoppo, ma non è detto che per questo io non sappia stare al passo coi tempi...

Come si viveva una volta?

Erano tutti più prudenti e più saggi, avevano i piedi ben piantati per terra, e a volte mi chiedevo: ma sono uomini o alberi?

Alla fine della visita, tornando a casa ho riflettuto sul mio articolo e ho pensato che non è per niente interessante come si viveva una volta, lo sanno fare tutti. Provate invece a vivere due, tre volte, allora sì che viene fuori lo scoop!!

 

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Uno degli editoriali più belli di Vola la Notizia ... siamo nell'estate del '98:

 

MUSICA PER LE MIE ORECCHIE

Quanto è bello vedervi sopra un palcoscenico, con la solita dose di casino fuori, ma con una voce dentro che vi dice "ora bisogna fare le cose seriamente".

Questa è musica per le mie orecchie.

Anche sentirvi "steccare" è piacevole, fa sorridere, fa venire in mente molti ricordi.

E quando le ragazze giocano a pallavolo, o ridono, o in pullman urlano ad un centimetro di distanza, questa è musica per le mie orecchie. E

tutte quelle volte che hanno suonato sei chitarre in chiesa!

Anche il silenzio, quando resiste anche se si è in tanti e si sta riflettendo, o ascoltando, è musica.

E le domande sono suoni, come squilli di campanelli, per i quali devo prestare molta attenzione, e farmi trovare pronto a rispondere, ad aiutare.

Ora è venuto il tempo della festa, e "che non venisse mai giorno!", come dicevano i suonatori di un tempo delle nostre colline, quando alle feste i padroni andavano a cercare i musicisti per le veglie, e ci si metteva d'accordo per suonare fino a giorno, "fino a quando filtrava la luce dagli scuri".

Si dia dunque inizio alla musica, musica per le nostre orecchie, di Andrea, di Macchia, di Luca, di Francesca, di Pini, di Davide, di Dennis, di Save, che in un certo senso fanno come "i padroni di casa, dove c'era la festa, che per non farti vedere la luce, avevano serrato tutti gli scuri dall'esterno..."

 

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Nel numero estivo del '98 troviamo un'altra esperienza significativa: l'incontro con i volontari del C.E.F.A. (16 aprile 1998).

 

UN' ESPERIENZA CONCRETA DI VOLONTARIATO IN AFRICA

 

Com'è fatta l'Africa?

E' vero che c'è la giungla e ci sono i cannibali? Cosa posso fare io contro la fame nel mondo?

E' vero, spesso il problema della povertà nel mondo ci lascia una sensazione di impotenza, un senso di lontananza incolmabile, che ci fa sembrare inutile anche il gesto di un'offerta data a chissà chi e chissà per cosa.

Il 16 aprile, in Teatrino, alcuni amici che hanno passato come volontari qualche anno in Africa, ci hanno raccontato le loro esperienze, il loro lavoro, i loro obiettivi, e tante curiosità anche grazie alle numerose diapositive che hanno reso più vivace e completa la discussione.

Annarosa e Giovanni, i due volontari, ci hanno parlato dei progetti del C.E.F.A., un organismo che si propone di realizzare opere di tipo agricolo e rurale in alcuni paesi in via di sviluppo che necessitano di aiuto rendere coltivabili campi abbandonati, o non irrigati, avviare allevamenti di bestiame, costruire acquedotti per portare l'acqua a chi altrimenti dovrebbe fare cinque ore di cammino al giorno per procurarsela.

Ci sono certi luoghi dell'Africa in cui c'è davvero bisogno del nostro aiuto, che sia il dono di un periodo della propria vita, se ci si sente chiamati, o che sia il nostro piccolo sostegno economico a iniziative e progetti.

Anche il C.E.F.A., che si affida alle offerte dei propri sostenitori, a volte ha attraversato momenti di difficoltà.

Ma, come ci hanno detto i nostri amici, c'è una grande speranza nel cuore di tutti, negli africani, nei volontari, nei sostenitori, e anche nei momenti difficili, non viene mai meno, è uno spirito costruttivo di affrontare le cose, la gioia di aiutare il prossimo e di camminare insieme.

 

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Un fuori programma rispetto al nostro cineforum ordinario: un simpatico ed originale film sul Kalahari in occasione del Martin Luther King Day del 1999. Ce ne parla Save sul numero di carnevale :

 

MA CHE SIAMO TUTTI MATTI?

E' questo il titolo del film che abbiamo scelto, nella serie dei nostri cineforum, per riflettere e discutere sull'Africa e sui suoi problemi e anche per parlare un po' di razzismo, ricordando il "giorno di Martin Luther King" che si festeggiava negli Stati Uniti il 17 gennaio.

Immaginate che una bottiglia di Coca Cola cada da un aeroplano su un villaggio di boscimani, un popolo che vive nel deserto del Kalahari e che ancora in gran parte vive secondo le sue antichissime tradizioni e usanze e lontano dalla civiltà dell'uomo bianco.

Da questo buffo episodio prende il via una serie di divertenti complicazioni che descrivono in maniera colorata, quasi fiabesca, tipicamente africana, tanti aspetti di questa terra tormentata: la difficile, delicatissima convivenza tra popoli dalle usanze ancestrali e il progresso dell'uomo moderno; le guerre civili e i guerriglieri, vero e proprio martirio di quasi ogni paese africano; la povertà, la mancanza di insegnanti e scuole, di medici e di ospedali.

Immaginate che un giovane boscimano, che si avventura lontano dal suo deserto e incontra uomini di cui non conosce nulla, veda un gregge di pecore, ne uccida una, con un'innocenza da far tenerezza, e venga per questo fermato dalla polizia.

E' in questo modo divertente che si può raccontare senza crudezza quanto sia importante capire chi è diverso da noi, rispettare chi ha usanze e credenze che magari ci fanno anche sorridere, trovare l'equilibrio più giusto per le esigenze di tutti, quelle di chi "preferisce continuare a vivere come un selvaggio" e quelle dell'inarrestabile uomo moderno che ha sempre più bisogno di espandersi, costruire, correre…

 

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Gli Out Road sono stati (e sono tuttora) un frutto nolto importante delle attività del sabato. Ecco cosa dice Saverio nel numero pasquale '99:

Poesia quotidiana

Dedicato ai ragazzi "Out Road"

Ci sono artisti che nessuno conosce, che io apprezzo molto di più di quelli famosi: sono miei amici, e le loro opere d'arte sono sempre rimaste su piccoli fogli, o semplici nastri, oppure solo nella mente.

Le loro opere sono molto meno elaborate, non hanno nulla di magistrale, di perfetto, ma comunicano idee e sentimenti che riesco a sentire, a capire.

Ho conosciuto molti ragazzi inquieti, che litigavano con i professori e sembravano solo aver voglia di rovinare quello che avevano attorno e sé stessi, ma che in realtà non erano come sembravano. Scrivevano poesie, componevano canzoni, avevano una grande sensibilità che nessuno però conosceva.

Anch'io da ragazzo amavo scrivere, o esprimermi con una canzone, o con un disegno.

E quando ero in un gruppo, soprattutto in parrocchia, partecipavo alle discussioni e alle riflessioni, mi esprimevo.

Sentivo così, stando insieme agli altri, e lavorando insieme (ad un torneo, ad una recita, ad una riflessione) che si stabiliva un delicatissimo, magico, preziosissimo contatto.

Anche quella di stare insieme è un'arte, che si può creare solo con il contributo di tutti gli artisti.

 

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Tarvisio 1999. Nessuno di coloro che vi hanno preso parte potrà dimenticarsi del più bel campo estivo che la storia ricordi! Anche Saverio, ospite di passaggio, ne è stato conquistato (Settemmbre '99):

INDIANA JONES E IL CAMPO PARROCCHIALE

Cari amici, sono un misterioso Indiana Jones che vorrebbe assomigliare ad Harrison Ford (e magari avere anche una Lancia), e vorrei raccontarvi quanto ci siamo divertiti tutti insieme in montagna quest'estate.

Ma la mia storia è un po' particolare, perché io avevo un terribile nemico che voleva impedirmi di raggiungere i ragazzi nel loro mitico "campeggio" ultramoderno: UN ESAME. Questo farabutto ha fatto sì che io non potessi partire insieme agli altri in pullman. Una volta bocciato all'esame e liberatomi di questo tenace nemico, mi si poneva un nuovo problema: COME raggiungere i miei amici.

A questo c'era una sola soluzione: andare in bicicletta fino alla stazione di Bologna e caricare la bici sul treno, dal momento che questo ti porta dritto fino a Tarvisio.

Ma, ragazzi miei, diciamoci la verità, che gusto c'è a portarsi dietro la bici in un luogo così bello per farsi solo 7 Km di salita?

L'itinerario che ho seguito è davvero affascinante, consiglio a tutti di visitare quei posti perché sono stupendi!

Partendo dalla località Chiusaforte si segue la valle del torrente Raccolana, che offre dei paesaggi veramente meravigliosi, cascate ovunque, acque azzurre limpidissime, paesini da favola, la strada conduce al passo di Sella Nevea (1190 m). In 18 Km si affronta questo dislivello di 800 m, quindi è come andare a Medelana. Poi bisogna stare attenti ai muscoli delle mani che devono tirare i freni, perché per un bel po' si scende. La strada costeggia un grande lago bellissimo, con i prati che calano dolcemente nell'acqua: il Lago del Predìl.

Superate le avventurose discese, il nostro Indiana Jones si è fermato a Cave del Predìl, un gaudente paesino nel quale si è fermato ad una sagra a fare colazione con un "fricco di patate con polenta", una sorta di cotoletta di formaggio e patate. Proseguito il tragitto ed evitata una congestione, il nostro eroe ha raggiunto Tarvisio, diretto alla strada che porta a Madonna della neve. Ma non sapeva che questa strada sarebbe stata per lui il colpo di grazia…

Abbracciati i vecchi amici e conosciuti i nuovi, è stato poi rifocillato con pane, burro, Nutella, marmellata, e acqua fresca.

Il nostro eroe pensava che lì fosse tra persone che gli volevano bene, non sapeva che lo stavano aspettando per l'escursione più lunga, per la caccia al tesoro e per terribili catturoni.

Come tutti i telefilm americani degli anni settanta che si rispettino, la puntata si è poi conclusa con una risata generale quando il nostro Indiana Jones ha esclamato: "Oh, rimetti l'acqua in frigo!".

 

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