Progetto della Commissione per la Pastorale Giovanile

della Parrocchia di Sasso Marconi

 

Come commissione incaricata per la pastorale giovanile riteniamo importante operare verso la costruzione di un progetto educativo che non può non attraversare l’intera comunità parrocchiale. Solo un progetto educativo complessivo che coinvolga in primis le famiglie può essere il quadro di riferimento dell’agire e delle proposte della commissione più specificamente intesa.

Come membri della commissione riteniamo il problema giovanile particolarmente significativo, non solo per un interesse genericamente manifesto, ma anche per la particolare nostra realtà parrocchiale. Se le attività legate al percorso catechistico "garantiscono" infatti una efficace presenza nella fase pre-adolescenziale, ci pare di poter affermare, alla luce delle esperienze fatte, che le stagioni di vita successive appaiono oggetto di profonde cadute di attenzione e di partecipazione: di attenzione del mondo cosiddetto adulto, e di partecipazione dei giovani.

Ci pare in definitiva di poter affermare che la realtà giovanile, adolescenziale e post-adolescenziale, sia caratterizzata dalla assenza di progettualità sia da parte delle istituzioni, sia da parte delle (in verità assai rare) realtà associative. E laddove esse resistono appaiono assai limitate alle specificità proprie settoriali.

Il giovane della nostra parrocchia si trova dunque nell’impossibilità reale di scelta: o privilegia altre vie di socializzazione, spesso extraterritoriali, o si richiude nella propria famiglia ( ma fino a quando?), o peggio rinuncia a ricercare una qualsiasi interazione comunitaria, rinchiudendosi a volte in un pericoloso individualismo di singolo o di coppia. D’altra parte, lo studio e l’esperienza ci insegnano come il processo dell’età evolutiva, prima o poi, generi conflitto con il proprio nucleo familiare. Un conflitto a volte esplicito, a volte no, ma certamente latente nell’individuo alla ricerca della propria identità. Sicché appare chiara la necessità di un processo educativo forte, a partire proprio dalle famiglie, ma appare alt resì chiaro come esso risulti, in una certa fase, insufficiente a garantire un sano sviluppo e un’armonica crescita dell’individuo.

L’innato bisogno di socialità e di relazione del giovane necessita dunque di interazioni collettive ove costruire o irrobustire il proprio divenire alla maturità.

Le insufficienze connesse a questi bisogni sono molteplici: alcune di natura strutturale, omogenee ovunque, altre più specificamente territoriali:

Fra le prime appare con evidenza la forte frammentazione del tessuto sociale, la crescita della complessità legata alla società post-industriale, con tutti gli annessi e le contraddizioni endogene fra i miti di un consumismo dilagante e le sempre più diffuse sacche di povertà.

Fra le seconde si possono annoverare da una parte le insufficienti risposte istituzionali legate ad analisi largamente insufficienti, dall’altra alla strutturale difficoltà di interventi di natura istituzionale.

In riferimento alla nostra comuntà parrocchiale, il limite più evidente risiede nella impossibilità di avere figure di riferimento educativo a pieno tempo. Non a caso i gruppi giovanili sono di fatto svaniti col venir meno della figura del cappellano. Un limite, questo, nonostante la generosa ma necessariamente episodica e individuale disponibilità di alcuni singoli, che non potevano e non possono supplire il bisogno forte di presenza da parte della domanda giovanile.

Tutto ciò ha portato un vuoto nella nostra realtà parrocchiale fra gli anni dal post-Cresima alla maturità. Lungi dal ritenere che tale situazione sia risolvibile nel breve periodo, riteniamo però opportuno tracciare alcune ipotesi di percorso nel tentativo di essere utile strumento di proposta per la comunità parrocchiale, e con la forte consapevolezza che ogni tentativo necessita di un largo coinvolgimento della comunità parrocchiale nel suo insieme. Solo uno sforzo partecipativo collegiale può essere la base per costruire un progetto serio e duraturo ben oltre le singole e generose disponibilità individuali. Uno sforzo collegiale da parte di tutto il laicato, dunque, ma anche una disponibilità da parte del parroco nel coinvolgimento su un itinerario comune, fatto certo di verifiche ma fondato su una reciproca e sostanziale fiducia che valorizzi pluralità di apporti e decisioni, alla luce dei fatto che il Vangelo non delega nessuno, ma responsabilizza tutti. Proprio attraverso il principio della sostanziale parità e della consapevolezza che tutti i cristiani hanno pari dignità nella Chiesa, è priontaria una profonda eguaglianza nei fatti: siamo tutti comunità sacerdotale, segno e strumento di salvezza. Per questo motivo ognuno è portatore di una parte di verità e bisognoso delle molte parti che hanno gli altri, nel rispetto della sussidiarietà, cioè di non delegare a comunità superiori quello che e possibile compiere nelle comunità inferiori. Se dunque la premessa è che il consiglio pastorale e per esso la commissione non è una struttura organizzativa funzionale, ma segno espressivo della comunione ecclesiale, 1uogo di incontro e di impegno pastorale dell’intera comunità parrocchiale nell’unità di fede e nella ricchezza e varietà dei suoi carismi e ministeri, allora la collaborazione e la fiducia reciproca divengono corollario per ogni singolo progetto e per ogni singola attività.

Se dunque la nostra realtà risente di una sorta di frattura generazionale, diviene prioritario tentare di ricostruire una progettualità atta a ricreare un ambiente di ospitalità che col tempo divenga luogo di comunione fraterna fra giovani, ragazzi, adulti e famiglie, verso un cammino di sequela del Cristo, fine ultimo dell’agire ecclesiale. Tali prospettive a noi pare possano essere perseguite attraverso un duplice percorso:

A) costruzione di un itinerario per gli educatori e le famiglie al fine di sensibilizzare la comunità alla maggior integrazione possibile fede-vita, nonché fornire approfonditi elementi di conoscenza delle problematiche giovanili;

B) progetto di animazione giovanile a partire dagli stessi interessi che i giovani manifestano.

In riferimento al primo punto riteniamo porre in campo un vero e proprio percorso formativo, convinti che educare è per tanti aspetti una vocazione, ma che si qualifica e consolida nell’apprendimento.

Per quanto riguarda il secondo punto, riteniamo opportuno fornire un quadro di riferimento ai giovani, tale da costruire in primis un momento di socializzazione alternativo e successivamente, attraverso un processo lento ma costante, una vera e propria crescita comunitaria mirata, per fasce d'età, secondo percorsi integrati ma flessibili nella realizzazione.

Per fare ciò si rende necessaria un’attenta analisi di esperienze e di risorse e la consapevolezza che una Pastorale Giovanile, se così si può definire, deve essere caratterizzata da una forte carica missionaria: non si può attendere i giovani, ma si deve andare là dove essi sono.

"La finalità generale deve essere quella di aiutare i ragazzi a vivere in modo appassionato e profondo la propria vita fino ad incontrare e accogliere Gesù come Signore".

Al fine di giungere a questo ambizioso ma irrinunciabile obbiettivo si rende necessario acquisire una mentalità oratoriana: "una parrocchia senza oratorio è una parrocchia incompleta".

L’ Oratorio è la chiesa con e per i ragazzi, per i quali la catechesi non è sufficiente: l’Oratorio è la struttura da realizzare per rendere udibile ai ragazzi e ai giovani la chiamata di Gesù. Esso deve essere il luogo dove si conosce e sperimenta la Chiesa, perciò esso non può essere appannaggio di qualcuno ma responsabilità di tutta la comunità parrocchiale. "Lo specifico dell’oratorio è fare capire a poco a poco che il Cristianesimo non è soltanto un culto".

Del resto se l’educazione è un’esperienza, l’esperienza è il luogo in cui si educa. Dacchè appare chiaro che per fare educazione bisogna fare delle attività, delle cose: non basta che si raccontino. L’educazione è un cammino graduale, non un episodio: è un itinerario, un processo. In questo processo lo stesso itinerario educante è uno strumento il cui fine diviene la maturità della persona. Perciò diviene fondamentale come comunità parrocchiale dotarsi di un progetto. Ora, qualsiasi passo verso la costruzione di una nuova mentalità e approccio verso il mondo giovanile deve fare i conti con le esigenze prime che esso manifesta.

Noi riteniamo possibile in questa cornice individuare alcue piste percorribili in tempi relativamente brevi.

1) OSPITALITA': Una verifica delle risorse logistiche appare decisiva per capire quali spazi possano essere individuati come il costituendo Oratorio. Spazi che devono essere fortemente ricettiivi, affinchè l’ospitaltià sia acquisita nei rapporti fra le persone a partire dal primo impatto tangibile . Affinchè l’ospitalità sia un valore condiviso è opportuno che si sviluppi un senso di partecipazione forte, favorito da un coinvolgimento a tutti i livelli dei giovani, anche con un contributo diretto.

Ospitalità significa anche che l’ospite deve trovare un ambiente accogliente affinchè possa sentirsi come in casa propria, nel senso del rispetto e nell’affetto. Anche qui diviene necessario un cambiamento di mentalità, sia del senso di appartenenza, sia nel senso della consapevolezza che l' "Oratorio", come del resto la Chiesa, non è del parroco, ma dell’intera comunità parrocchiale e per questo occorre farsene carico nell’uso ma anche nelle responsabilità.

2) ATTIVITA' RICREATIVE:

- sportive

- culturali

- associative

Esse naturalmente devono essere finalizzate. Si tratta in definitiva di porre le condizioni di un'esperienza alternativa rispetto all'esistente, nel tentativo di partecipare ad un processo di crescita oltre il singolo individuo: non tanto per distogliere da altri spazi privi di prospettiva, quanto nel tentare di trasmettere un’esperienza di vita altra, come a dire che è possibile ritrovarsi, discutere, giocare, crescere anche entro un itinerario di fede.

3) ATTIVITÀ’ RELIGIOSE. Con ciò si intende iniziative specifiche. coinvolgenti l’intera comunità, con particolare riferimento alle famiglie. Tali attività devono essere la brezza leggera e mai "oppressiva" che attraversano tutta l’esperienza oratoriana. Esse devono passare accanto, lasciarsi sfiorare, per "carpire" dapprima la curiosità e poi la passione del giovane verso una matura ricerca di Cristo. Una brezza che via via da leggera può farsi "vento che si abbatte gagliardo" germinando una pluralità di apporti alla crescita della nostra comunità parrocchiale.

Una sfida alta, impegnativa, per certi aspetti totalizzante, nel tentativo di uscire da una difensiva e passiva attesa della agognata maturità, nella trepida speranza che essa giunga il più presto possibile e con minor sofferenza.

Del resto noi sappiamo che "Dio è Amore", ed è questa esperienza che noi dobbiamo cercare di trasmettere.

Don Bosco diceva: "l'educazione è cosa del cuore (...) chi sa di essere amato ama, e chi è amato ottiene tutto, specialmente dai giovani"

L’educazione è un "prodotto" che esige che gli educatori rappresentino per i ragazzi vere figure paterne e materne, che cioè considerino i ragazzi come molto importanti e facciano loro sperimenatre la gioia di essere amati.

Se l’educazione è cosa del cuore, occorrerà dilatare il cuore nostro e dei nostri ragazzi perchè si stabilisca un vero flusso educativo. affinchè essi si sentano amati e diventino anch’essi capaci di amare: come Gesù che è morto pur di amarci perchè vinca la vita per sempre.

Ecco dunque i confini entro cui secondo noi è possibile iniziare un lavoro alla luce però di una convinzione profonda: non può esistere una Pastorale Giovanile per i giovani, ma solo un cammino comune fatto con i giovani.