Credo di avere capito l’origine del Monolito Nero.

La sua primigenia origine chimica. Fisica.

Selenite, cotta al calore della corona solare. Sospesa in equidistanza dai campi gravitazionali di Marte, Venere e Saturno.

Da piccolo credevo che le mie ossa fossero fatte dell’acciaio delle spade di Toledo. Che nelle mie vene scorresse sangue etrusco, misto all’acqua del Nilo. Che l’aura di Babele circondasse il mio corpo.

Invece ecco, ora, un impasto della polvere del monolito originario emergere qua e là, dove la carne e la pelle tendono a sciogliersi, sovraesposte al calore di giornate che non vanno. Senza sfarinarsi, però.

Inquietudini.

Paure.

Sonno e veglia sentono la nostalgia di una serenità che pare lontana. Sperano che torni.

Ma è quasi un piacere vedere che non tutto perde forma.

La pelle si straccia, si squaglia.

I muscoli cedono, le loro fibre perdono coesione.

Ma l’homunculus granulare mescolato da genitori e maestri, da amici e amanti, con un’arte non sempre consapevole, sembra in questo momento di passaggio volersi raccogliere tutto nella bolla del Chi immagazzinato sulla Via.

Spero tenga botta …per il futuro mi auguro qualche bella sorpresa!

Un abbraccio a tutti.