L’anno di attività è ricominciato. E il confronto sulla meta e sul percorso da compiere è in pieno svolgimento. Stiamo rovistando nel baule delle cose che abbiamo dentro, quelle che ci portiamo dietro spesso senza accorgercene.

Due simboli sono saltati fuori dal pozzo degli archetipi:

La PORTA: via di ingresso per eccellenza, ma anche uscita (quella con il maniglione dell’uscita di sicurezza).
Può essere aperta o chiusa, invitante o ripugnante, larga o stretta, lucida o grezza, ecc…
La porta ci ricorda un sacco di cose, molte di più, probabilmente, di quelle che riusciamo a razionalizzare e a mettere a fuoco su due piedi.
Ci ricorda la porta dell’Oratorio e l’effetto che può farci varcarla, a seconda di quello che sappiamo si svolgerà nella serata, di quelle che potrebbero essere le persone che ci faranno compagnia, del fatto che sappiamo o meno che una ciambella ci rifocillerà al momento del tè. Ma anche la porta (il portale) della Chiesa, la porta (il portone) della scuola, la porta (l’ingresso) dell’edificio pubblico…
Ci ricorda la porta di casa, di cui quest’anno si parlerà parecchio. Una porta che si apre agli amici, e che spesso chiude dentro i problemi di cui facciamo fatica a parlare, che protegge noi, i nostri cari e i nostri beni, ma spesso ci isola pure, che definisce la soglia del nostro regno. Ci ripara dal freddo e conserva il caldo animale dei nostri corpi (e il loro olezzo, spesso altrettanto animale, ahimè).
Allargando ancora ci ricorda che non siamo solo “in viaggio” (questo ce lo siamo già detti un sacco di volte anche lo scorso anno), ma anche che siamo “di passaggio”. Stiamo attraversando qualcosa che ci porterà da un’altra parte. Stiamo attraversando un’età dell’uomo complicata, che ci porterà ad essere ragazzi e ragazze mature, forse pienamente uomini e donne, un giorno, ma non dobbiamo dimenticarci che tutta la nostra esistenza è un passaggio, un cambio di stato.

“Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo;
entrerà e uscirà e troverà pascolo.”
(Giovanni, 10, 9)

“Dopo ciò ebbi una visione: una porta era aperta nel cielo. La voce che prima avevo udito parlarmi come una tromba diceva: Sali quassù, ti mostrerò le cose che devono accadere in seguito. Subito fui rapito in estasi. Ed ecco, c’era un trono nel cielo, e sul trono uno stava seduto.”
(Apocalisse, 4, 1-2)

E, del resto, sappiamo anche che entrare in una porta spesso richiede una scelta. Se entro nella porta di destra, spesso non ho poi occasione di entrare in quella di sinistra. Se scelgo di vedere cosa c’è dietro la porta verde, potrei trovare qualcosa che mi distrae dal continuare il mio percorso attraverso la porta gialla. Potrei trovare un tesoro o trovare un baratro, un premio (magari una dispensa piena di dolci) o il deposito dei veleni e dei prodotti per disinfestare.

…e questo ci porta verso il secondo segno, quello della SPADA.

La spada divide, in maniera spesso non delicata. Separa la vita dalla morte, l’integrità dalla mutilazione. E’ fatta di duro e freddo acciaio, battuto e ribattuto, e può assumere un sacco di valenze diverse.

Vi ricordate le foto che vi abbiamo portato? Dal fioretto olimpionico alla spada di Braveheart, dalla spada laser del guerriero Jedi alla katana del samurai, dalla scimitarra del turco ad Excalibur, la spada delle spade, forgiata all’inizio dei tempi… Ciascuno ha scelto la sua sulla base della spinta del momento.

La spada può essere un oggetto da museo, può essere ben radicata nella storia (come la spada di San Galgano, di cui vi abbiamo mostrato una foto) o un oggetto di fantasia (come le tamarrissime spade da fantasy horror piene di teschi e teste di drago che ci hanno fatto sorridere).

La spada è un arma. Può attaccare come difendere.

La spada è lo strumento con cui Pietro taglia l’orecchio del servo Malco, meritandosi i rimproveri di Gesù. Ma è anche la metafora che Gesù sceglie per rappresentare la forza dirompente della sua parola.

“Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada.
Sono venuto infatti a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera.”
(Matteo, 10, 34-35)

L’Agnello di Dio che “dona a noi la Pace”, ci porta qualcosa che non è destinato a darci solo pace interiore. La pace bisogna conquistarsela, bisogna dedicarle grandi sforzi.

Perché l’uomo non tende naturalmente ad una vita pacifica. I ricchi non si privano volentieri dei loro beni, perché anche i poveri possano accedere alla ricchezza. Il mio istinto mi porterebbe a scontrarmi con chi mi sta intorno, a prendermi quello che mi piace …e non sono in pace con me stesso se non imparo a conoscere il mio istinto e a sottoporlo ad un controllo non oppressivo, ma deciso. Devo accordarmi con gli altri almeno su qualche regola basilare, per rendere la convivenza con altri esseri egoisti possibile. A volte persino piacevole!

Di carne al fuoco ce n’è tanta, anche troppa.

Dove ci porterà il cammino di quest’anno?

Può essere che ciascuno, alla fine del viaggio, si ritrovi in un posto diverso da quello che si immaginava. Potrebbe essere un posto un po’ più complicato di quello che avrebbe voluto. La sigaretta “corretta” del rasta che attende l’abbassarsi della calura per muoversi dalla pennica pomeridiana verso il rum grezzo del bar sulla spiaggia potrebbe sembrare un po’ meno accattivante di quanto non lo sembri ora… Imparare ad affrontare dei problemi non è una cosa che semplifica soltanto la tua esistenza. Il confronto tra cazzeggio e qualche momento più illuminato può dimostrare che il cazzeggio, sebbene apparentemente indispensabile, è un po’ meno interessante.

Ogni giorno i giornali, i professori, gli amici, i colleghi, i governanti e gli oppositori, la “cattiva maestra televisione”, ci parlano il linguaggio grigio della post-modernità …tutto sembra volerci continuamente trasmettere l’idea che tutto sia indifferente. Che tutto abbia pari ragione e pari senso di accadere. Che tutto possa essere detto, per quanto idiota o cafone… La Libertà viene ovunque confusa con un sacco di altre cose che probabilmente non sarebbero considerate neppure “lecite” da una persona di buon senso, in nessun contesto storico o culturale…

Il nostro lavoro di quest’anno va in una direzione diversa. Ci ricorderemo che scegliere non è sempre (anzi, non è quasi mai) scegliere tra alternative indifferenti.

Se è vero infatti che tutte le scelte, soprattutto quando i problemi si fanno delicati, devono essere rispettate, non è assolutamente vero che “una scelta vale l’altra”!

E abituarsi ad articolare un po’ dì più la nostra capacità di ragionare e di comprendere le ragioni altrui senza necessariamente condividerle (o credere che siano in tutto e per tutto equivalenti alle altre), vorrebbe fare parte di questo percorso.

Speriamo che la convivenza sia un po’ più civile dello scorso anno, e che non ci si adatti sempre al livello di quello che, almeno quella sera lì, ne ha meno voglia!

Di una cosa, infatti, siamo convinti …che per quanto il viaggio avrà momenti duri e momenti piacevoli, momenti in cui ci sentiremo provocati e momenti in cui potremmo non averne più voglia, il nostro viaggio ha un grande vantaggio: è un viaggio che facciamo insieme. Nessuno, salvo che non lo voglia lui fermamente, sarà mai lasciato da solo in balia delle onde.

Pronti a partire, allora? Beh …io sì!

andrea.prof