“Ma c’è un luogo in cui possiamo sempre trovare qualcosa di autentico: il focolare di un amico, dove poter condividere le nostre piccole preoccupazioni, trovare calore e comprensione, dove i meschini egoismi sono inconcepibili e dove libri, vino e chiacchiere danno un significato diverso all’esistenza. Allora sappiamo di aver conquistato qualcosa che nessuna falsità può corrompere e ci sentiamo a casa.”
(Kathrine Kressmann Taylor)

Vagando in libreria, durante la solita pausa pranzo in giro per Carrefour, oggi ho scovato un piccolo libricino che probabilmente avrei dovuto conoscere, e che sicuramente avevo già intravisto decine di volte.

Destinatario sconosciuto, di Kathrine Kressmann Taylor, ri-pubblicato lo scorso anno da Rizzoli nella simpatica collana BUR60, nata per festeggiare i 60 anni della mitica Biblioteca Universale Rizzoli.

Un libretto arancione, con una buchetta delle lettere sfuocata disegnata sopra.

Un grande investimento: neanche 5,00 eurini!

Non ne avevo mai sentito parlare (siamo sempre più ignoranti di come ci disegnano!). Un piccolo romanzo epistolare (che ho divorato in un’oretta, arrivando così fino alla fine della mia pausa pranzo), che parla dell’amicizia tra due antiquari, il tedesco Martin e l’ebreo americano Max. Due amici legati da un rapporto profondo che si trovano improvvisamente non solo divisi da un oceano (che già non è poco), ma anche dalla rapidissima ascesa di Hitler.

L’effetto è stato strano. Mi è piaciuto, ma non l’avrei mai indicato come un capolavoro della letteratura, anche se l’idea di fondo è molto interessante. La storia con la “s” minuscola che si intreccia con la Storia, e ne viene travolta. Non so se l’autrice, bravissima a gestire lo strumento epistolare, abbia tratto lo spunto da lettere reali, ma resta il fatto che la lettura è estremamente piacevole e in poco più di cinquanta pagine si passa da una cordiale affinità elettiva ad un crescendo di eventi terribili, fino alla freddissima vendetta che conclude la storia.

Quello che mi ha realmente stupito è stato, a libello concluso, vedere che la prima pubblicazione del testo è del 1938. Prima della Guerra. Prima dei Combat Film. Molto prima delle scomode verità di Norimberga.

Una pubblicitaria americana, nel 1938, poteva sentire appesantirsi l’aria del vecchio continente molto più di quanto ci abbiano spesso fatto pensare le fonti tedesche o anche italiane.

Una sensibilità superiore? Può essere. E il modo in cui si disegna con rapide pennellate la storia di Max e Martin lo dimostra. Ma forse non era totalmente impossibile fare attenzione allo sviluppo degli eventi, capire. Sarà che sono ossessionato dal tema arendtiano della “banalità del male”, ma questa cosa mi è entrata dentro in profondità. Siamo ancora in grado di cogliere lo spirito dei tempi? Non siamo ancora stanchi di farci mettere in trincea per combattere gli uni contro gli altri armati, quando in realtà avremmo un sacco di problemi da risolvere nel vantaggio di (quasi) tutti?

Nuove generazioni da educare e vecchie generazioni maleducate. Bisogno di reale moralità un po’ dovunque e poca voglia di guadagnare meno più onestamente. Bisogno di serietà sul lavoro e poca voglia di dare spazio a chi è davvero più serio. Equilibri da costruire o da ricostruire.

Fatto sta che continuo a leggere e a rileggere qua e là queste pagine, e mi sembrava di non poter fare a meno di scriverci un po’ sopra.

Per consigliarne la lettura e per fare un po’ il punto.