21 settembre, come da previsioni. Anzi, ad essere precisi, è passata da poco la mezzanotte del 22. E siamo appena rientrati da quella che probabilmente ricorderò come una delle vacanze migliori della mia vita. Posti meravigliosi, gente splendida, in compagnia di una persona davvero speciale…

Vacanza? Forse, più che altro, viaggio. Un viaggio del corpo e dell’anima…

Perché sono sempre più convinto che ci siano persone che hanno bisogno di vacanze e persone che hanno bisogno di viaggiare. Ed io, con tutto il rispetto per i vacanzieri, è di sentirmi in viaggio che sento la necessità!

Stanco nelle membra per i 3.134 km e 500 metri percorsi nei 10 giorni. Ma rinfrancato nello spirito. Con il sole dentro.

…e nulla mi ha massacrato come questi ultimi 500 km che da Casalbordino ci hanno riportato a casa! Non tanto per la lunghezza, visto che all’andata ne abbiamo fatti esattamente il doppio, in tirata unica, quanto piuttosto per la direzione. Una forte sensazione di muoversi in direzione “sbagliata”. Come quando vai contro vento…

Tante le cose che abbiamo visto. Le persone con cui abbiamo parlato. I pensieri che hanno attraversato la nostra mente. I momenti che, ne sono certo, ricorderemo per sempre.

La bellissima spiaggia bianca allungata verso Punta Prosciutto e il caffè con pasta di mandorle di Specchia, Torre Pali, immersa nel mare, le serate a cucinare e a giocare con i cani del nostro padrone di casa, gli spruzzi di Acquaviva e delle scogliere davanti a Santa Cesarea, il santuario alla fine del mondo, la Masseria Selvaggi con i sui ulivi e i suoi tramonti rasserenanti, la bellissima Otranto e la bianca Ostuni, il pranzo da Cibus a Ceglie e la cena da Francesca a Matera. Matera… forse l’esperienza di viaggio più bella che abbia mai fatto.

Non ho mai creduto alla superiorità del Nord, neppure per un minuto della mia vita. Ma ho sempre visto un sacco di limiti, in tanti problemi che ero abituato a vedere soprattutto a Sud. Criminalità organizzata ed elusioni su tutto. Ma anche una certa resistenza al cambiamento e alla penetrazione della legalità. Un certo incancrenirsi dei rapporti personali e di potere.

Poi i problemi che sembravano tipicamente del Sud si sono diffusi ovunque. Con la complicità di tutti. E gli aiuti sbandierati per superarli hanno preso giri troppo strani per essere efficaci.

E adesso che l’Italia intera sprofonda nell’indolenza, nella criminalità dei notabili beccati con le mani sporche di marmellata, nella resistenza ad un equilibrio nella decrescita, nei problemi legati alla difficile congiuntura economica-politica-produttiva-culturale-cazzi-e-mazzi …forse è ora di fermarsi davvero a ripensare ad un po’ di equilibri.

Ma usciamo dai massimi sistemi, se no si rischia di generalizzare in modo abbastanza sterile.

Una serata in veranda a chiacchierare, con davanti un caffè freddo. Di fronte a me un ragazzo di qualche anno più grande di me, laureato in Giurisprudenza ad Urbino. Che ha scelto di rinunciare alla professione (“a Bologna ci sono più avvocati che cassonetti” e “da queste parti anche se hai la terra non è detto che tu sia tecnicamente ricco e che tu abbia la possibilità di aprire uno studio…”). Che ha ripreso la casa di famiglia, gli ulivi, e sta cercando di utilizzare il reddito proveniente dall’ospitalità per bilanciare gli alti e bassi delle produzioni agricole e per avere qualcosa da reinvestire nel miglioramento ed ampliamento dei servizi.

Una famiglia di cuochi che cerca di riprendere le ricette della propria tradizione locale. Che spinge per dare al proprio locale sempre più visibilità, in senso positivo. Ma che resta con i piedi per terra per quanto riguarda i prezzi. Come spesso dalle nostre parti sembra che si faccia una gran fatica a fare.

Un giovane ingegnere edile che sta fornendo una sua propria cura ai problemi di Matera. Rendere il turista più consapevole e rispettoso di quello che ha davanti. Aiutarlo a vivere un’esperienza che non è solo un passaggio e qualche foto. Raccontandogli e mostrandogli la storia della sua terra, o meglio della terra dei suoi genitori.

Perché io di Matera avevo visto un sacco di foto, avevo letto qualcosa. Ma non avevo evidentemente capito un cazzo. Nulla.

Nel ’52 i Sassi vennero sgomberati per legge nazionale firmata da De Gasperi, murando gli accessi alle abitazioni e costringendo i materani a trasferirsi nella città nuova. Che era una città all’avanguardia, con elettricità e acqua in casa, con un sacco di nuove professionalità che potevano nascere. Ma che non piaceva troppo, o così pare, ai materani. Nell’86 il Demanio si accorge di non avere risorse per tenere in manutenzione le dimore, più o meno storiche, e avvia quello di cui si legge ovunque, il cosiddetto “processo di recupero”.

Ma sotto i gironi danteschi che possono sembrare a prima vista i Sassi (e non solo agli occhi dell’attento Carlo Levi), si nasconde una ricchezza infinita. La ricchezza di un sistema realmente efficiente di raccolta delle acque piovane (altro che pistolotti post-funzionalisti sulla bio-architettura!). La dimensione del vicinato che si raccoglie in mezzo, attorno al pozzo, come emblema di condivisione e di comunità. Una specie di kasbah, come quelle che abbiamo visto a Marrakech, ma ancora più suggestiva e carica di storia. L’arte contemporanea che sprofonda negli ipogei dei rioni, con una contaminazione tra nuovo ed antico che farebbe invidia al MOMA.

E così ci si rimbocca le maniche, cercando di invitare materani a recuperare in concessione le abitazioni dei nonni (concessione demaniale, come quella dei bagnini sulle nostre spiagge). Perché “se le case accanto alla tua sono abitate non devi pensare anche a non fare crollare quelle ma puoi concentrarti sulla tua”. E si cerca di utilizzare l’ospitalità come volano per la ripresa. Per convincere il turista a non mordere e fuggire, ma a rimanere, a visitare, a cercare di capire. Perché a dettare i tempi della ripresa non sia la finzione imposta da capitali cinesi o russi, ma la realtà ricercata e conosciuta dai figli di chi nei Sassi è nato.

A questo si aggiunge una percezione, che ho avuto forte e chiara girando per i vari paesi toccati, chiacchierando, guardando i manifesti affissi. Quella che l’unica dimensione politica che interessa sia quella locale. Perché Provincie, Comuni, Governo, Ministeri, Destre, Sinistre, ecc. sono concetti astratti. Paiono ormai sbagliati per principio. Mentre quello che interessa è guardare in faccia la persona che ti governa nel tuo Comune. Potersela prendere (“sputare in faccia”, tecnicamente) con il Sindaco che cerca di scantonare ai suoi doveri o con l’Assessore che cerca di intascarsi più del dovuto! Abbiamo visto un sacco di manifesti in cui i sindaci dei vari comuni auguravano buon inizio d’anno scolastico ai Dirigenti, ai docenti e agli allievi …non è forse un segno di attenzione ad una cura dei piccoli e dei giovani che qui mi sembra sia sempre meno nelle agende dei nostri politici?

Questo non vuol dire non impegnarsi. Anzi, ho visto un sacco di gente impegnata. A riprendersi dalle saracinesche chiuse. A fare i conti con la vita di tutti giorni. Ma la quantità di bambini che abbiamo incontrato mi fa pensare che il livello di fiducia nel futuro da quelle parti sia più alto che qui. Non siamo mai usciti da un locale, o dai B&B, o dai bar (dove il caffè costa 70 o 80 centesimi, alla faccia del nostro euro e 10!), o dai negozi, senza uno scontrino.

Terra e turismo. Una ricetta forse più facile dove c’è un mare così. Dove la vita costa decisamente meno che qui da noi. Dove la generazione che aveva la terra o che lavorava “da sole a sole” è quella dei genitori e non dei nonni. Ma forse non fuori luogo neppure da noi. L’Italia è davvero un paese meraviglioso, tutto.

Da una buona gestione di turismo e cultura, a tutti i livelli, quanto potremmo beneficiarne tutti! Invece che vergognarci di chi ci amministra, o perdere un sacco di tempo a incancrenirci sulla storia degli ultimi 60 anni, come se fosse l’unica storia raccontabile, potremmo andare fieri di quanto per più di un millennio è accaduto su quel territorio che da solo 150 anni poco più chiamiamo tutti Italia…

Non so ancora cosa succederà. So solo che, mettendomi al computer in ufficio, pensando alla password da inserire nel gestionale, cercando di trovare un senso nei termini vuoti che compongono gran parte del mio lavoro (“incremento”, “prodotto”, “andare a premio”, “riforma”, per non parlare di “aiutare il cliente a scovare (indurre?) il bisogno”, “polizza index”, o altre amenità di questo tipo…), sarà sempre meno facile trovare un senso a tutto questo.

Come pure sarà difficile pensare che intervenire su quel pezzo di dente che ha pensato bene di abbandonarmi nei giorni scorsi finirà per costarmi più di un mese di stipendio!

Come pure sarà difficile, forse insensato, continuare a pensare di cambiare il sistema dall’interno.

Se non ci fossero tantissime brave persone in giro, con cui parlare, fare amicizia, intrattenere rapporti di lavoro, fare progetti, forse non avrebbe alcun senso perdere tempo da queste parti.

Ma come possono riuscire tante brave persone, che magari si aiutano vicendevolmente a cogliere un raggio di luce nel grigio, a cambiare le cose dal basso?