Un Natale parecchio anomalo, quello di quest’anno. Il mio, intendo. Ma forse non solo.

Dominato dall’incertezza. Quasi a 360°. E forse, mai come ora, quel “quasi” è davvero fondamentale per salvare il mondo. Sempre il mio, intendo.

Per impedire ai pensieri di sprofondare nel grigio.

Un po’ prima della battaglia c’è quell’aria mista di attesa e di trepidazione, mentre tutti cercano di concentrarsi e di esorcizzare, ciascuno a suo modo, la paura.

La quiete prima della tempesta, si dice.

Ed è un po’ con questo spirito che mi sto avvicinando a queste Feste. E mi dispiace. Tanto.

Per la prima volta, nonostante il thé caldo dagli aromi intensi, l’odore dei biscotti di zenzero e cannella, Mariah Carey a manetta, la confezione di quei pochi regali che hanno resistito alla crisi e tanti altri segni piccoli o grandi a cui ero dolcemente abituato, qualcosa non funziona.

Non è per colpa del consumismo, quest’anno. C’è abbastanza poco da consumare. Riduzione sprechi prossima allo zero.

E forse non è neppure per colpa della classica fretta che coglie tutti in questo periodo: con la fine dell’anno un’altra fase della mia vita professionale arriverà al capolinea. E non ci sono obiettivi da raggiungere con ansia. Preoccupazioni per le sorti della Compagnia. Agitazione mista ad eccitazione per le ultime corse al regalo o per gli ultimi giri di auguri. Nulla di nulla.

Quest’anno sento silenzio. Senza sapere esattamente se mi piace o no.

Le voci in sottofondo fanno solo volume. Non passa contenuto significativo.

Solo qualche sorriso, qualche abbraccio vero, e il calore della grolla che passa di mano in mano mi riportano, almeno temporaneamente, all’atmosfera che dovrebbe avvolgere questi giorni.  E forse è proprio da qui che parte il mio augurio di quest’anno.

Ritrovare, in mezzo a quell’ammasso indefinito di cose che spesso appesantiscono il senso della nostra esistenza, il significato profondo della propria vita.

L’importanza della salute. E degli affetti profondi, che sono importanti quasi quanto la prima.

Perché è dalla comunità degli uomini di buona volontà che dobbiamo partire, per cercare di salvare noi stessi e questo nostro mondo che rotola.

Ora come in quella lontana notte di Natale…

E stavolta, forse, siamo meno frastornati da luci e colori. I nostri orecchi sono, forse, un po’ più liberi dai rumori di fondo.

Forse stiamo davvero imparando a distinguere le cose importanti. E forse non è troppo tardi.

Quindi Buon Natale a tutti. Nel ritrovato calore dell’amore vero e delle sue molte manifestazioni.

E Buon Anno. Che il 2013 ci aiuti a capire cosa è davvero importante per noi. Senza farci troppo male.