Metallo pesante nell’aria
(l’articolo nasce per il numero de Il Resto di Sasso di aprile 2013)
“Se la musica è troppo alta, sei troppo vecchio”
La frase che ho scelto come epigrafe dell’articolo è una citazione da Ted Nugent, chitarrista americano attivissimo fin dalla fine degli anni Sessanta. Ma è una buona sintesi di un modo di vivere il rock tuttora validissimo! Che si adatta benissimo anche al Metalcore dei The End at The Beginnig, protagonisti di questa puntata.
Parlare di Metal, mi riporta indietro di qualche anno, e ravviva un sacco di ricordi. La mia prima chitarra è arrivata in seconda media (wow… più di 20 anni fa!). Una chitarra classica, per imparare, ora dispersa a casa di qualche ex allievo a cui l’avevo prestata. Poi è arrivata la mitica Ibanez folk, corde bronzo/fosforo, che mi accompagna tuttora (mostrando ahimè i suoi anni) nelle mie peregrinazioni. Ma fu soltanto per la promozione di Terza Media che arrivò l’elettrica, la tanto sognata Fender Strat HM nera, una modifica “cattiva” della classica Stratocaster, con ponte tremolo più aggressivo ed un potente humbucker, per suoni pesanti e distorsioni prive di ronzii. H.M. stava, come forse è intuibile, per Heavy Metal. Perché, se il mio dio delle sei corde era senza dubbio Mark Knopfler dei Dire Straits, non posso negare che l’aspirazione massima (non solo mia, ma di tanti quindicenni di allora) era quella di tirar fuori da quell’arnese quello che sentivamo negli album in cui suonavano soggetti come Eddie Van Halen, Ritchie Blackmore e Angus Young. Decisamente meno “morbidi” del professore britannico che amava Bob Dylan!
A proposito di Metal, faccio fatica a non pensare ad una bellissima immagine che circolava qualche tempo fa su internet: un pubblico di “cattivissimi” metallari che si passa, spalla a spalla, un ragazzo handicappato sulla sua carrozzina, per farlo passare in prima fila, davanti al palco. Perché il Metal è così: cattivo sì, ma solo di rado pericoloso. Non privo di sentimenti positivi. E una giacca nera con un sacco di borchie e una maglietta con i teschi non sono (quasi) mai state un problema, e possono essere molto meno pericolose di una giacca e una cravatta. Ho sempre pensato che la scelta Metal sia prima di tutto catartica, e ci aiuti ad espellere quella rabbia che ciascuno di noi si porta dentro, e che, repressa, fa spesso un sacco di danni.
La scena Metal è tuttora vivissima, anche a Sasso! The End at The Beginning (in dettaglio Nick Roccati, voce, Andre Marcomini, chitarra solista, Tex Tassi, clean voice e chitarra ritmica, Ale Scarpetta, basso, e Flep Traversini, batterista), che suonano insieme da un paio d’anni, con il loro album eponimo uscito a fine 2012, ne sono una dimostrazione davvero interessante.
Nati nel 2011 dal desiderio di suonare insieme (all’inizio sono Tex, Flep e Andre, poi arrivano Ale e Marco, il primo cantante, che viene poi sostituito da Nick), caricati da una bella prima esperienza live sul bel palco della SassoFest, decidono di unire alle cover già in repertorio anche una loro produzione originale. Il nome, scelto principalmente perché “figo”, cito testualmente, nonostante le difficoltà di pronuncia, non può non rimandare anche ad un’ossimorica confusione tra inizio e fine, che fa pensare ad un’idea di futuro estremamente sofferta. Comune a tanti, più o meno giovani.
Chiedo a Tex (classe 1991) una dichiarazione sulla loro produzione musicale, e, sempre per colpa del mio pessimo inglese, anche di riassumermi un po’ i contenuti delle canzoni presenti nell’album, i cui testi sono a volte di difficile comprensione anche per le tecniche canore impiegate. Questo quello che mi dice: “Facciamo musica perché ci piace, cerchiamo di trasmettere l’energia e le forti sensazioni che noi stessi proviamo sul palco. I nostri testi sono estremamente variegati, dall’indecisione all’ingiustizia (Weakness In Me), dall’apparenza di non riuscire a reagire talvolta ai problemi (No More Reaction) ad un libero flusso di pensieri alla Joyce (Camilla’s Turn). Non pretendiamo di diventare famosi (anche se l’obiettivo di ogni musicista è che la propria musica sia ascoltata dal mondo), ma ci limitiamo a condividere pensieri, adrenalina, sudore, sputi e brividi sul palco con chi ci ascolta”.
Questo ci ricorda un’altra caratteristica propria del Metal: la fisicità e il fatto di dare tutto, di correre, sudare, stancarsi fisicamente. Il musicista non si risparmia e non rifugge il contatto. E anche qui l’elemento catartico si fa evidente. Fisicamente evidente.
Sezione ritmica potentissima e precisa, ed una collaudata struttura di continuo dialogo ed armonizzazione tra voce distorta (growl, variamente sfumato) e voce pulita, sono senza dubbio due punti di forza di un gruppo che sono certo abbia ancora tanto da raccontarci.
Per concludere, voglio ricordare che siamo tutti invitati il 6 aprile al Caos Rock Club di via Zanardi a Bologna, dove salteranno, suderanno e regaleranno brividi adrenalinici a tutti i presenti, insieme agli svizzeri RTC.
Permettetemi un’ultima osservazione, estemporanea ma non troppo. Siamo solo alla quinta puntata del nostro viaggio. Ma ho notato un elemento, che mi sembra degno di nota: all’album degli Absolut Red aveva contribuito JoPoli dei FuoriOnda. All’album dei nostri amici The End at the Beginning ha contribuito Luca degli Absolut. Mi sembra evidente un’apprezzabile solidarietà musicale tra giovani band, capace di attraversare trasversalmente i generi, per di più con buona professionalità. Questo è forse un esempio che il mondo, non solo musicale, dei cosiddetti adulti dovrebbe imparare a seguire…

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