D’amore non si muore …ma della sua mancanza!
(articolo per il numero di Aprile 2015 de Il Resto di Sasso)
Il Club dei Vedovi Neri è tornato. Quale migliore occasione per riprendere i miei interventi sulle produzioni culturali del nostro territorio?
La formazione guidata dal milanese Francesco Casarini (ormai cittadino honoris causa di Sasso Marconi), che vede coinvolti il polistrumentista Claudio Brizi, il bassista Pietro Zanini e il batterista Renato Raineri, ha dato alle stampe, negli ultimi giorni del 2014, l’album D’amore non si muore. Dopo una lunga lavorazione, e qualche discreta anticipazione su quanto mi sarebbe arrivato tra le mani, sono finalmente onorato dell’occasione di parlarvi delle mie impressioni.
Si tratta di un album da ascoltare in giacca, come annunciato già dalla foto di copertina e da quella in seconda, di gusto marcatamente jazz, ma con una maglietta blu con su scritto “New Jersey” (vissuta e magari con qualche piccolo strappo) indossata sotto la camicia. Non più murder ballads (del resto quello ce l’avevano già fatto pregustare con l’EP Numana), ma rock d’autore, tra De André e Ligabue.
Le atmosfere, sempre estremamente intime, che in più di un’occasione richiamano i temi noir a cui la band ci ha da sempre abituato, si fanno sempre più rarefatte e raffinate.
L’introspezione, a tratti visionaria, prende qui il posto del puro gusto di raccontare storie.
E scorrono così i brani, dall’intro quasi charleston di Disarmato, alla melodica e disillusa Porte chiuse, agli arabeschi da kasbah di Da adesso in poi, al dialogo interiore che possiamo trovare in Lontano da me, all’atmosfera blues di Dritto al cuore. Poi seguono Acque calme ed INRI, che rappresentano, secondo me, il vero cuore dell’album, nonché il punto poetico più alto raggiunto da questa produzione. E poi, ancora Non ci lasceremo mai, con il suo fischio felliniano di inizio, il disincanto noir di Distante e diverso, che precede degnamente le atmosfere vendicative dal sapore un po’ western di Ti troverò. Poi un brusco risveglio con il rock di Lei è lì, ed il caldo e protettivo saluto finale affidato a Seconda pelle, la cui sensualità è resa ancor più efficace grazie all’inattesa apparizione di un morbido sax.
Tante le collaborazioni di cui possiamo godere nei vari brani: oltre al sax di Marco Cevenini, la tromba di Daniele Barbato, la batteria di Mirco Bindelli, il violoncello di Pino d’Amico, la chitarra di Antonio Stragapede, i pianoforti (coda e Fender Rhodes) di Stefano Tamiazzo e la fisa di Roberto Villani.
Come è evidente, anche solo nello scorrere questa lista, siamo di fronte all’album autoprodotto di un quartetto, che però punta ad arrangiamenti quasi “orchestrali” e mai banali. Tante le voci, tante le linee melodiche che si danno la mano, giocano tra loro e si danno il cambio nei 50 minuti di durata di questo bellissimo album.
La curiosità, a questo punto, è tanta nell’attesa della sua presentazione ufficiale e del tour live: tanta complessità dovrà certamente mediare con le necessità pratiche di un’esibizione dal vivo, ma sono assolutamente certo che, da questa partenza, non potrà che saltar fuori qualcosa di buono e di veramente interessante.
E Francesco mi ha personalmente anticipato che il tiro rockettaro di alcuni groove potrebbe alzarsi qua e là, per sostenere dal vivo l’attenzione degli ascoltatori durante i brani più intimi. Aspettiamo, fiduciosi le prossime uscite!

Qui sotto il collegamento alla pagina YouTube della band:
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