Seguendo i cercatori di alberi (l’articolo nasce per il numero de Il Resto di Sasso di maggio 2013)


“VOI SIETE LA MIA VITA
IO SONO LA VOSTRA
RISPETTATEMI!”
(cartello sul Castagno Millenario di Matilde di Canossa,

Costa di Monteombraro)

Questa volta non cambieremo soltanto genere musicale. Stavolta ci occuperemo di tutt’altro tipo di produzione culturale: vi parlerò di una piacevolissima guida, che ci invita a fare un interessante viaggio tra grandi monumenti viventi che guardano silenziosi il nostro indaffarato e spesso incurante passaggio.

Uscito alla fine del 2012 per la casa editrice Mucchi, Questi occhi mettono radice – Alberografie nel cuore dell’Emilia Romagna, si presenta come un bel libretto verde, patinato e ricco di belle fotografie in bianco e nero, che incuriosisce fin dalla sua copertina, che ritrae l’imponente olmo di Pievepelago e la piccola chiesina che da lui sembra al contempo minacciata e protetta.

Gli autori sono due soggetti decisamente interessanti. Tiziano Fratus, che cura per La Stampa la rubrica settimanale Il cercatore di alberi, ha pubblicato tanti testi sugli alberi (monumentali e non) e segue in prima persona il blog homoradix.com, ha occhi vispi che ti guardano da dietro gli occhiali e una chioma di tutto rispetto. Lorenzo “Lerry” Olmi, sassese D.O.C., è figura più che conosciuta da queste parti per la sua lunga attività all’interno del Gruppo Scout di San Lorenzo e per gli interessanti progetti che segue in qualità di esperto “scienziato forestale” per conto di scuole, parchi, amministrazioni pubbliche e soggetti privati.

Si sono conosciuti da queste parti, in occasione de I libri di Colle Ameno. Tiziano presentava un suo libro e Lorenzo lo aveva accompagnato durante una visita ai due tassi pluricentenari del parco del Borgo.

Io Tiziano l’ho conosciuto lo scorso anno alla Sagra del Marrone Biondo di Mezzana, a ottobre. Il libro di cui stiamo parlando era appena uscito ed era una delle prime presentazioni ufficiali. Mi piaceva l’idea della presentazione del libro di un amico (Lorenzo, che conosco e stimo da una vita intera) all’interno di un bellissimo castagneto. Tutto qui.

In realtà, devo confessare con un po’ di imbarazzo che, pur sensibile alle tematiche ambientali (se non cambiamo rotta, temo che dovremo presto agire in stato di emergenza e diventare tutti ambientalisti di necessità), non sono mai stato particolarmente folgorato dalle manifestazioni naturali, alle quali preferisco spesso le creazioni dell’ingegno umano. E non ho mai prestato, almeno fino alla lettura di questo libro, troppa attenzione agli alberi, monumentali e non. Tra l’altro, non avevo, sempre per essere sincero, alcuna intenzione di acquistare il libro …solo di andare a sentire un po’ di piacevoli chiacchiere con un vecchio amico, in una bella giornata di sole.

Invece, la chiacchierata mi è piaciuta e mi ha incuriosito, e il libro l’ho comprato. Letto e anche riletto. E, cosa veramente curiosa per le mie abitudini, lo sto tuttora utilizzando come guida per andare in giro a trovare qualche bell’amico verde. Mi piacerebbe riuscire a fotografare tutti gli alberi che compongono il viaggio di Lorenzo e Tiziano. E magari vederne altri.

Mi sono convinto, anzi, di essere un tipo di lettore ideale per un’opera come questa: il racconto è agile ed appassionato, non troppo tecnico, ma sempre accurato, e ti lascia con un sacco di spunti di riflessione, di curiosità.

Dalle ville attorno ai viali di Bologna, a Sasso e ai suoi dintorni, al nostro Appennino, salendo verso il Corno o verso il Cimone, o vagando per la Romagna, l’occhio del cercatore di alberi riesce ad attirare la nostra attenzione nei confronti di dettagli che fino ad ora, anche quando abbiamo percorso decine di volte quei tratti di strada, ci sono sfuggiti. Ci aiuta a capire che, nella trasformazione del paesaggio, tra case che spuntano e case che crollano, tra campi e frutteti che mutano seguendo le fasi che sono loro proprie e grandi opere pubbliche refrattarie alla trasformazione e non sempre pensate con rispetto, ci sono grandi amici silenziosi che ci guardano. E, mentre noi siamo lì alla loro presenza, sembra che vogliano ricordarci che hanno visto passare i nostri nonni, e i loro nonni prima di loro, e che forse gli 80/100 anni del ciclo della vita umana non sono poi una gran misura del tempo. Se si programma l’intervento sul territorio pensando solo a qualche decennio (spesso meno del tempo necessario per completare l’opera) si rischia di fare delle bestialità …figuriamoci, e capita spesso, quando dimostriamo una tale miopia ed un’incapacità di pensare allo sviluppo del nostro territorio in modo organico talmente imbarazzante, da farci illudere che si possano mettere costose “pezze” a problemi secolari senza fare i conti con la natura dei luoghi che abitiamo!