Nato nel marzo del 1976,
filosofo dentro, è stato fin dall'inizio l'editorialista di Vola
la Notizia. E' stato anche il principale promotore del CD che
state guardando.
Scalare il cielo, salendo il Calvario
Morte di un'illusione, rinascita di un sogno
Ecco lo storico primo editoriale del nuovo corso di Vola la Notizia, pubblicato sul numero autunnale del 1993:
Oggi risorge, dopo ben tre anni di silenzio, la più gloriosa testata giornalistica di Sasso Marconi.
L evento ha avuto risonanza mondiale e nella mattinata i migliori giornalisti dEuropa si sono precipitati nella nostra redazione richiedendoci insistentemente i retroscena di questo ritorno.
La redazione si è rifiutata di far trapelare informazioni segrete al riguardo, riservandosi di indire una tribuna stampa per la serata odierna, durante la quale levento sarà festeggiato con la consegna del premio Pulitzer (ormai il sesto della sua carriera) al dottor Saverio Cazzoli, autore di una splendida raccolta di interviste a personaggi famosi.
Questo potrebbe essere leditoriale del nostro ritorno, ma credo che (almeno per il momento) ci si possa accontentare di qualcosa di un pelo più modesto. Comunque qualcosa di vero cè: oggi martedì_7_settembre_1993 si è ricostituita la redazione di VOLA LA NOTIZIA, giornalino storico del gruppo giovanile di Sasso Marconi, uscito per la prima volta nel lontano 1987 e rimasto a tacere fino all edizione del 1990 ("stranamente" un numero unico). Dopo il numero natalizio del 1990 la redazione ha nuovamente chiuso i battenti, e fino ad oggi questa sembrava essere una decisione definitiva.
Poi un bel giorno (cioè oggi) i nostri eroi (cioè noi della redazione) si sono casualmente incontrati nei pressi dellincrocio tra via del Mercato e via Porrettana -un giornale veramente "on the road"- e hanno deciso di far risorgere questa storica testata. Questa volta però non abbiamo l intenzione di accontentarci del consueto numero unico: da oggi VOLA LA NOTIZIA non è più una pubblicazione dalle uscite molto, molto, molto sporadiche, ma una vera rivista, con le carte in piena regola. Questo numero che avete tra le mani è probabilmente uscito a inizio ottobre e vuole essere solo un assaggio di quanto ci -e soprattutto VI- aspetta nei prossimi numeri.
Questa vuole essere una pubblicazione veramente per tutti i gusti, e anche se ci rivolgiamo soprattutto a un pubblico giovanile, speriamo che anche qualche adulto si "degni" di perdere un po del suo tempo in nostra compagnia di sorridere e di riflettere con noi.
Nel momento in cui sto scrivendo il ritorno alle stampe del nostro giornale è solo unidea buttata lì per caso durante un discorso tra amici, forse solo una fantasia. Nessuno di noi della redazione ha le idee veramente chiare su cosa faremo, fatto sta che ciascuno di noi, appena abbozzata lidea ha subito cominciato a fare i suoi progetti, a "buttare giù" qualcosa per loccasione. Tutto è cominciato con grandissimo entusiasmo, e credo proprio che il risultato sarà un qualcosa semplicemente destinato... ad entrare nella leggenda.
Qualche anticipazione? Come ho già detto è molto difficile immaginare quale sarà la veste definitiva di questa pubblicazione. Lidea èrealizzare un giornale simpatico che offra una parentesi di relax alla dura quotidianità scolastica o lavorativa, anche invitando alla riflessione su problemi comuni. Ci saranno rubriche di ogni genere: musica, spettacolo, cultura e news, non tanto mondiali (per questo ci sono già tanti giornali "seri"), ma soprattutto di paese. Vorremmo tenere sempre tutti informati riguardo alle nostre attività, così che anche coloro che non fanno regolarmente parte del nostro gruppo possano partecipare a quelle che ritengono più interessanti per loro.
Prima di lasciare la parola ai nostri autori -sappiate che se avete avuto il fegato per arrivare fin qui, il più è ormai fatto- vorrei fare un ultimo invito. Chiunque sia interessato alle nostre iniziative pu prendervi parte: per mettersi in contatto con noi gli basta venirci a trovare OGNI SABATO POMERIGGIO ALLE 14:30 NEL TEATRINO DIETRO LA CHIESA.
E ora
lo spettacolo abbia inizio......
A.M.
Proseguiamo con l'editoriale del numero natalizio del '96:
"Che cosè la giovinezza? Non è soltanto un periodo della vita corrispondente ad un determinato numero di anni, ma è, insieme, un tempo dato dalla Provvidenza a ogni uomo e dato a lui come compito. Durante il quale egli cerca, come il giovane del Vangelo, la risposta agli interrogativi fondamentali; non solo il senso della vita, ma anche un progetto concreto per iniziare a costruire la sua vita." (S.S. Giovani Paolo II)
Si parla molto di giovani, in tutte le salse.
Sociologi di chiara fama ed affermatissimi psicologi si divertono tutti i giorni a smembrare con finto intento analitico i problemi della gioventù doggi.
Anche gli stessi ragazzi, per voglia di teleschermo o per amore della causa, si lasciano sempre più spesso prendere dalla voglia di parlare di problemi più grandi di loro e di intervenire (in modo compito o triviale: non sembra che ciò interessi linforme pubblico televisivo) sui grandi mali della società.
E noi, che continuiamo ad essere convinti che i giovani siano per loro natura dotati di una grandissima forza vitale capace da sempre di far fronte ad eredità politico-sociali sempre più intricate, cosa dobbiamo pensare? Cosa dobbiamo rispondere noi che, come il Santo Padre, sappiamo bene che una delle più importanti manifestazioni dellessere giovani è la dimensione della ricerca di un progetto (non di uno schema acriticamente preconfezionato, quasi che la vita sia un compito in classe di cui si conoscono già le risposte!)?
Generazione X: giovani senza identità ed ideali che seguono le orme dei nuovi guru della moda grunge, stanchi eredi di già inaciditi santoni beat.
Ma lo "spiazzamento" è da sempre un elemento fisiologico della fase adolescenziale. E, per di più, in un mondo che tende sempre di più, giorno dopo giorno, al "villaggio globale", anche questo "spiazzamento" assume necessariamente connotazioni di "globalità".
La società è in crisi: bella scoperta! Ma cosa potrebbe far pensare che i giovani, che della società sono lelemento più intrinsecamente contraddittorio, dovrebbero non esserlo?
Non si può, infatti, dimenticare che anche il nichilismo (il "non credere a niente", secondo luso comune) con la "n" maiuscola, quello di "Nice" (come lo chiama il buon vecchio Sugar), è unassenza di valori che non viene idealizzata come condizione di vita, ma che precede la formazione di un nuovo sistema di valori ed è, in questo senso, una ricerca.
Che significato può avere, a questo punto, dire di volersi rapportare coi ragazzi, ma pretenderli "adulti" (nel senso di: "individui con già alle spalle definitive scelte di vita") o, ancora peggio, "decrepiti" (nel senso di: "individui che hanno già rinunciato a rapportarsi con la vita") o, tanto peggio, vederli "bambini" (nel senso di "individui che non possiedono strutture intellettive o morali")?
Si parla tanto di "giovani senza ideali": questi "giovani", a forza di sentirne parlare e di vedere tanti altri loro simili che sono già caduti nella trappola tesa con la complicità dei Media, potrebbero anche cominciare a crederci... ...ma siamo sicuri che dietro alle accuse di "fiacchezza" dei giovani non si celi anche un alibi per la "rassegnazione" degli adulti?
Teniamo duro, Boys!!
Eccoci al Natale del '97:
vorrei che in questo giorno di Natale tutti i bambini (grandi o piccoli, poco importa) che non hanno più una mamma e un papà riconoscessero la tua famiglia come loro famiglia,
vorrei che le mamme e i papà di tutto il mondo la smettessero di gridare, e donassero ai figli la gioia consapevole di avere una famiglia,
vorrei che il freddo rimanesse fuori dalle nostre case, e che tutti potessero raccogliersi davanti ad un caldo fuoco che ci ricordi quanto è bello amare,
vorrei che chi ha tanto bisogno di piangere riuscisse a farlo, per poter poi sorridere e riscoprire come si fa ad essere felici.
Io ho molte cose che altri bambini non hanno, quindi non disturberò più di tanto Babbo Natale, il tuo aiutante
...perchè so che tu hai cose più importanti a cui pensare ed hai preferito lasciare a lui lincarico di portare i doni...
Comunque -so che tu mi capirai, mio amato fratellino- chiedigli un favore da parte mia. Lo so che è già troppo impegnato per accontentare i capricci di un bambino, ma te lo chiederò lo stesso.
Prova a convincere Babbo Natale a venire ugualmente a farmi visita e a portarmi un cioccolatino, però impacchettato e con un piccolo fiocco.
E stupido, lo so. Ma certe volte noi uomini, per fare festa, abbiamo anche bisogno di qualche segno esteriore ...anche se non è detto che debba essere monumentale.
Spesso basta poco.
Conserverò il fiocchetto rosso per ricordarmi, quando sarò grande, che da piccolo ho sperato in un mondo migliore ...e forse questo mi aiuterà a rimanere migliore.
Mangiando quel cioccolatino, poi, percepirò la tua presenza, e te ne sarò grato. E sentirò quella dolcezza di cui noi, piccoli e fragili uomini, abbiamo tanto bisogno.
Babbo Natale mi farà visita, portando con sè la magia che mi occorre per continuare a vivere, per un altro anno.
Il costume rosso, sul quale la barba e il pellicciotto si confondono candidamente, avanza dondolando davanti ai miei occhi, cercando di bilanciare il pesante fardello. Sarò degno di erigermi a ministro della fantasia? Saprò ripartire equamente questo dono indispensabile allesistenza della scimmia più imperfetta di tutte?
Il camino è vuoto. I dolcetti sono stati accuratamente posti sulla mensola ...speriamo che gli piacciano, che anche lui non si sia ammalato di dietomania!
Ecco! Il tintinnare melodioso dei campanellini che adornano la slitta, le corna delle renne e il sacco dei doni, si avvicina, si fa sempre più irresistibilmente gioioso. Ora sarà meglio che vada sotto le coperte, che faccia finta di dormire, altrimenti deciderà di non entrare, per paura che il più grande dei segreti venga scoperto.
Non deve sapere che io conosco la verità, che non mi sono lasciato imbambolare dalle chiacchiere degli adulti ...lo so benissimo che Babbo Natale esiste ed è il tuo più fido assistente.
Vi voglio bene.
Un editoriale che molti ricordano. Un editoriale di cui abbiamo molto parlato (e che ha ricevuto un'inaspettata risposta nel numero successivo). Siamo arrivati al Carnevale del '97:
La nostra Vita: un interessante viaggio che comincia con una permanenza, più o meno lunga, sullIsola Che Non C'E', una meravigliosa visita che può durare per sempre, ma che può anche terminare non appena cominciamo a vedere solo con gli occhi.
Nasciamo, e il mondo è il posto più strano e misterioso che possiamo immaginare.
Non abbiamo nessun bisogno di crearci maghi potenti, orribili streghe ed enormi giganti ...chi sono, se non giganti, quegli esseri a cui appartengono i faccioni sorridenti che si chinano su di noi con lintento spesso sgradevole di lavarci la faccia con i loro umidi baci?
E il mondo in cui viviamo lIsola Che Non CE', né più né meno.
I colori, le luci, i suoni indefiniti che giungono alle nostre orecchie.
La sensazione di poterci addirittura reggere su quelle tozze propaggini del nostro corpo che non riusciamo neppure a controllare.
Poi, un po per volta, si comincia a CAPIRE: per potere schizzare i nostri amichetti basta aprire il rubinetto, per farci perdonare ogni cosa basta che ci mettiamo a piangere, per essere felici basta avere tanti soldi. Abbiamo scoperto i rapporti causa-effetto.
...ma capire non è sufficiente!
A volte abbiamo bisogno di qualcosa di più, qualcosa che ci faccia sentire davvero felici, onnipotenti come quando noi eravamo tutto il nostro universo.
Allora chiudiamo gli occhi, ed eccoci in una foresta tropicale con un kriss malese stretto nel pugno destro; o in unoscura palude, con una spada laser verde azzurrina; o su di unisola deserta, vestiti di pelli di animali.
In noi, perché possiamo essere vivi, abita sempre un bambino.
Ma il nostro Io-Bambino, non segue Peter Pan nei suoi viaggi e nelle sua avventure, come Wendy ed i suoi fratellini ...noi siamo Peter Pan: siamo noi i piccoli mocciosi scarmigliati e rissosi, che attaccano briga con tutti quelli che hanno lunghi baffi neri, grandi cappelli adorni di piume, e tanta paura del tempo che fugge e delle sveglie ticchettanti.
Crescere non vuole dire uccidere Peter Pan: bisogna fare attenzione a non perderlo mai di vista.
Dobbiamo seguirlo, anche quando si inoltra nella foresta più intricata, anche quando scala le Montagne del Terrore, anche mentre lotta, pugnale alla mano, col perfido Uncino.
Guai a noi, se ce lo lasciamo sfuggire! Se diciamo: "Bah, lasciamolo correre da solo, tanto siamo su unisola deserta!" oppure: "Chi me lo fa fare di infangarmi tutto? Quando avrà fame o sete tornerà da solo!"
Quella potrebbe essere lultima volta che vediamo la sua corsa scoordinata, o il suo sorriso eternamente sdentato.
Potrebbe morire senza lappoggio del nostro sguardo, la sicurezza della nostra mano adulta tesa per prenderlo al volo mentre scivola in un burrone.
Il nostro bimbo sperduto non può stare seduto a fare le ragnatele, mentre noi facciamo progetti sul nostro futuro usando parole che egli non può in nessun modo capire, che per essere capite comportano il sacrificio di troppe cose in cui si è creduto.
Così non gli rimane altro che partire per ricognizioni solitarie, tra piante esotiche e bestie feroci. Prima i giri sono brevi, poi ci accorgiamo, se altri pensieri non ci hanno già rapiti completamente, che rientra solo per mangiare. Neppure alla notte sente più il bisogno di stare con noi: i suoi sogni non sono più i nostri sogni.
E, alla fine, prima di avere il tempo di riflettere sul suo allontanamento, lui se ne sarà già andato. Per sempre.
Forse un giorno il suo corpicino sarà sbattuto dalle onde sulla spiaggia della nostra memoria, ma molto probabilmente i nostri occhio non riconosceranno più il suo volto devastato dalla salsedine, e archivieremo con simulato dolore il suo cadavere senza nome.
...o forse sulla spiaggia non abiterà più nessuno che possa prendersi la briga di versare neppure una lacrima su di lui.
L'editoriale del Pasqua del '98:
Oto ed Efiante, figli di Poseidone (il mare) e di Ifemedea e allevati da Gea (la terra), sono due bambini enormi (a 9 anni misurano 9 cubiti di larghezza e 9 tese di lunghezza). I due giovani giganti decidono di sovrapporre tre monti (lOlimpo, lOssa e il Pelio) per dare l assalto al cielo.
Quando tutta la terra ha ancora una sola lingua e le stesse parole (Genesi 11, 1-9), gli uomini decidono di costruire una città, per sottolineare la loro identità, con una torre la cui cima tocchi il cielo.
I racconti da cui prendiamo le nostre mosse hanno conseguenze tragiche: i due fratelloni ricordati dalla mitologia greca vengono fatti uccidere da Apollo, per paura che la loro impresa possa riuscire; mentre da Babele ha inizio il caos delle lingue. Gli dei condannano la superbia degli uomini.
Questo non deve però essere assunto da noi come alibi per la nostra immobilità e la nostra pigrizia. Tutti noi -ed in particolar modo noi giovani- abbiamo il dovere di avvertire il desiderio profondo di dare la scalata allOlimpo, il massimo concesso alle creature; anche se non dobbiamo pensare di poter conquistare con la forza il Cielo, la sorgente ultima della vita.
Il cristiano è forse chiamato a sfidare il suo Dio?
Questa affermazione mi guadagnerebbe il rogo ereticale, non il cielo.
Non è necessario sfidare Dio, per sentirsi costantemente chiamati ad un cammino verso lalto. Tutte le culture hanno da sempre avvertito il moto ascensionale come positivo. Proviamo a pensare alla cultura cristiana e alla salita al Calvario. Perché, se non per sottolineare questo anelito, gli evangelisti darebbero tanta importanza ad unaltura che delude le aspettative dei pellegrini?
Salire su un monte comporta fatica: è quasi impossibile conquistare una vetta senza mai fermarsi, senza essere costretti ad allungare il cammino per aggirare un ostacolo. Può anche capitare di dover tornare sui propri passi, dopo essersi resi conto di aver preso il sentiero sbagliato.
Ma nel bagaglio che chi ama andare per monti ha sempre con sé, anche quando non viaggia con lo zaino sulle spalle, cè unaltra esperienza: la fatica del cammino è controbilanciata dalla bellezza del panorama, dallaumentare della vastità del nostro orizzonte visivo.
Cammino in salita, ma senza assalti: Gesù ci precede lungo la via e ci tende continuamente la mano, affinché riusciamo a seguirlo. Aspirazione al movimento, non alla stasi.
Nell'autuno del '98 assistiamo ad un evento storico: la ristrutturazione del mitico e cadente Teatrino parrocchiale. Il palco viene smontato, le pareti ridipinte, l'impianto elettrico rifatto... il nuovo Teatrino, tutto piastrellato e ripavimentato è un vero splendore!
Tutto merito di un amnipolo d'eroi!
Da quest'anno il nostro Teatrino avrà un nuovo aspetto.
Un ambiente più pulito, più luminoso, più bello e funzionale alle nostre esigenze e, ne siamo convinti, anche alle esigenze della comunità.
E il pubblico? Beh, staremo a vedere: al momento contiamo su di una folta schiera di affezonati e su nuovi amici che speriamo si lascino contagiare dal nostro entusiasmo ed accettino di aiutarci a rendere sempre migliori le nostre attività.
Ma cosa ci ha insegnato l'esperienza di lunghe ore passate a pulire, imbiancare, stuccare, forare, montare, ecc...?
Eravamo convinti, quando abbiamo discusso e approvato l'impresa, che anche coloro che non avevano dichiaratamente preso posizione si sarebbero lasciati trascinare dalle novità. E invece ci siamo ritrovati in quattro gatti (dove "quattro" non è un numero simbolico per dire "pochi", ma si avvicina pericolosamente alla verità), a dover fare tanti lavori che esulano dalle nostre competenze abituali e che hanno richiesto un impegno enorme.
Le giustificazioni degli assenti? Dalle più banali -il lavoro e lo studio, la stanchezza dopo il tour de force rappresentato dalle Festa-, alle più ipocrite -"Ma io non c'ero quando si è deciso!", "Ma è un compito del gruppo del sabato!"-, alla fantascienza -"Ah, io stavo bene anche nella polvere!"
Niente di grave. Eravamo convinti che il diffuso e spesso troppo sbandierato affetto per il Teatrino andasse anche un po' oltre il frequentarlo. Evidentemente eravamo in errore. E' stata la fine di un'illusione.
Ora però il Teatrino riprenderà a vivere, splendido come non mai. La sala si riaffollerà di tanta gente con tanta voglia di fare, pronta a cambiare il mondo con le azioni e, magari, anche ad un esame di coscienza che mostrerà gli errori di ciascuno. Finire di mettere a posto e di pulire tutto, darà occasione a chi vuole di fare la sua parte.
E' l'inizio di un nuovo sogno, che ha radici sempre più profonde nella realtà.
Stiamo parlando di entità impalpabili -illusioni e sogni- che non sembrano avere un'esistenza reale; se non qualcosa che ha a che fare con le scariche neuronali, con l'inconscio e magari anche con le fasi più profonde dell'interiorizzazione del nostro vissuto.
Ma anche di cose -sempre illusioni e sogni- che hanno tantissimo a che fare con le nostre scelte di vita, con i nostri ideali e con il modo in cui noi immaginiamo il nostro futuro.
Stia attento chi afferma il contrario.
Nel numero estivo del '98 il nostro filosofo traccia le linee programmatiche della sua scuola:
Sono sempre stato convinto che
molte fondamentali intuizioni filosofiche siano nate a tavola,
spesso da convitati con un buon bicchiere di vino in mano. Dai
simposi greci, ai salotti settecenteschi, ai caffè del nostro
secolo.
La genialità può nascere, nell'ordinario, quando arte, filosofia e non di rado matematica si mescolano col saporito profumo di carne ai ferri o col corposo aroma di un vino rosso di discreta qualità, in una cornice ideale di risate e di soffuso affetto (calore di fondo, simpatia respirabile). Sicuramente si tratta di un discorso di parte. Sicuramente questa mia convinzione è legata al fatto che io ho avuto intuizioni fondamentali per risolvere quei problemi che, in questa fine di millennio ci vergognamo un po' a chiamare "esistenziali", proprio davanti ad un camino (spesso e volentieri a casa di Federico), magari con una bruschetta fra le mani e con le sinapsi impregnate di fumo di legno secco, secchissimo.
Tutta questa cornice per dire cosa? Bah. La mia idea originaria era di scrivere un dialogo a metà fra Platone e Leopardi, filtrando attraverso la mia memoria una discussione storicamente avvenuta , che ha avuto protagonisti realmente esistiti, che per comodità chiameremo Claudio (che ha fornito l'occasione dell'incontro), Maurizio e Mario (registi dello spaghetto), Guglielmo e Macchia (sapienti tecnici del piccante e dell'alcoolico), Andrea (oscuro autore del memoriale). Il dialogo ebbe un tema serissimo: l'importanza dei miracoli e dei fenomeni soprannaturali per la fede individuale ("ovvero: se il miracolo spettacolarizzato sia davvero utile al miglioramento morale", come avrebbero sottotitolato i commissari tridentini nel Cinquecento).
Se notate con che velocità si avvicina, inesorabile, il fondo della pagina, vi risulterà senz'altro facile capire quale sia stato il mio problema: solo per arrivare al titolo mi è occorsa la metà dello spazio tirannicamente assegnatomi. Forse un giorno scriverò davvero qualcosa sulle nostre divagazioni, ma per ora mi limiterò a sottolineare l'importanza di quella che all'inizio ci era sembrata solo la cornice : esistono ancora i circoli ellenici, forse sono sempre esistiti - e il fatto che anche chi vi partecipa non sia consapevole di prendere parte al processo che ha dato origine alla storia del pensiero occidentale, è perfettamente indifferente per la buona riuscita del processo!
E' ancora possibile che persone diverse (per età, interessi, competenze, esperienze), uniscano le loro menti per esplorare insieme, partendo dalle loro convinzioni comuni, le loro differenze. Non solo possibile, ma anche piacevole!
Lo spazio per questo per questo "progetto di dialogo" è ormai finito.
Non so se sia opportuno riportare in questa sede le conclusioni a cui siamo giunti quella sera ...se svelo il finale, chi comprerà il libro quando uscirà?
Ma no; ora è meglio che torni a tavola, dove mi trovavo quando mi è venuta l'idea di questo articolo: la pizza fredda non rientra nel mio elenco dei "piaceri della vita"!
Un editoriale poetico per il numero di carnevale del '99:
Appena alzati, denudati alla cieca, solo dopo un complesso e annoiato dialogo tra le rubinetterie, rimaniamo perfettamente immobili sotto la doccia.
La temperatura è proprio quella che stavamo cercando.
L'acqua scorre via. Ci leviga con avvolgente dolcezza, massaggiando le nostre fasce muscolari e ammorbidendo i nostri grumi di pensieri. Calore.
E così ci distendiamo. Ci rilassiamo completamente.
Ed è questo che ci frega.
/ / / / / / /
D'improvviso: "Ecchecca !"
Una pioggia d'aghi frantuma la nostra tranquillità.
Prima sentivamo tra le mani la beatitudine. Stavamo per fare di quell'aurorale momento di coscienza la nostra vita poi: un guasto alla caldaia!
Siamo svegli.
Non abbiamo più alibi per prolungare la nostra cronica sonnolenza.
Piccole punte di ghiaccio: come svegliarsi con la marcia trionfale dell'Aida o con un urlo di James Brown a tutto volume, come aprire gli occhi e vedere sopra di noi la Cappella Sistina come capire cosa significhi vivere dopo un lungo periodo in cui credevi di morire. E' lo stupore che ci ha salvati dalla rabbia, non solo la sorpresa.
E allora, solo allora, se ci accorgiamo di quello che è accaduto, usciamo dal box doccia davvero pronti a sfidare il mondo, a cercare di cambiarlo.
Come solo un giovane stupito sa fare.
Sorridendo. Andrea
Settembre '99: siamo all'ultimo editoriale uscito...
Si sono appena spenti gli ultimi bagliori ocracei delle raffiche conclusive.
Anche quest'anno è finita l'estate, nel rituale composto e stupito dei fuochi di San Lorenzo.
Pochi
liceali di qualche anno fa, pochi studenti dell'ITIS e dell'ITC, ora più che
ventenni, sono immuni dal carico di significati profondi della festa. Chiudere
la kermesse dei fuochi con: "Allora ci si vede domattina alle 7:15, sul
secondo 92!", andando a casa un po' tristi e un po' addolciti dalle speranze
che avvolgono l'inizio di un nuovo anno...
Ora altri ragazzi frequentano le Medie e le Superiori, altri significati caricano quelle esplosioni di colore.
Di noi c'è chi studia e chi lavora. Scelte diverse e compagnie diverse -niente di strano, tutto regolare- e ci si vede poco.
Ma ci si ritrova ancora tutti davanti ai fuochi d'artificio, per un grande rito di offerta al cielo dei ricordi dell'estate e delle nuove speranze, grondanti di vitalità.
E forse non è poi molto diverso, ora.
L'estate è finita, ma non riesce a strapparci i ricordi del campo estivo, dei viaggi, dei nuovi amici incontrati qua e là, dell'eclisse, della Festa della Famiglia e della pioggia.
Ce ne stiamo tutti a bocca a aperta, ancora una volta, pensando alle novità che questo nuovo anno scolastico saprà portarci, sicuramente.
Mentre il fragore dei fuochi fa partire un allarme lontano.